Il recupero della storica palestra di arrampicata di Rocca S.A.R.I.

I villeggianti la chiamano Rocca SARI, ma per i Balmesi è “lou Roc dla Ghièri”, ghiaione depositatosi nei dintorni ed oggi inerbito. Si tratta comunque di un grande masso, alto una quindicina di metri, che sorge isolato sulla destra orografica dello Stura, poco a monte delle ultime case di Balme. Lo si raggiunge in un minuto dalla provinciale attraversando un ponticello in legno. La roccia presenta grandi spaccature ed anche due grandi lastre completamente staccate sul lato verso il paese. Il fatto che non sia lisciata dall’azione dei ghiacci induce a pensare che non si tratti di un masso erratico, ma piuttosto di una roccia precipitata dai Torrioni del Ru, durante qualche immane e remoto cataclisma.

La Rocca S.A.R.I. fa parte delle storiche palestre di roccia delle Valli di Lanzo. Il nome di Rocca Sari risale ad un’associazione alpinistica che ebbe un certo successo nei primi anni del secolo e che fu poi costretta, come molte altre, a confluire nel CAI nel corso degli anni Trenta. Il termine SARI è l’acronimo del motto latino “Sunt Alpes Robur Iuvenum” (le Alpi sono la forza dei giovani). Il Roc dla Ghiéri è utilizzato come palestra di roccia fin dal principio del secolo scorso e soltanto recentemente è stato un po’ dimenticato a favore di altre palestre più estese ed impegnative, come quella del Ginévré. Intere generazioni di alpinisti si sono avvicendati sulle diverse vie che sono state tracciate su questo masso. Sul lato ovest del Roc, dove la parete strapiomba, vi è una croce di legno che ricorda un mortale incidente avvenuto il 28 luglio 1936. Il prof. Lorenzo Borelli, villeggiante di Balme e valente alpinista, nonché insigne clinico dell’Ospedale Maggiore di S. Giovanni e docente universitario, precipitò durante un’esercitazione di discesa a corda doppia e morì poche ore dopo, malgrado le cure immediatamente prestate da altri famosi medici che allora trascorrevano a Balme le vacanze [v. Articolo successivo].

Rocca SARI o Roc dla Ghièri

La roccia, frequentata nei primi anni settanta dalle scuole di alpinismo torinesi, è stata poi promossa e valorizzata da personaggi di spicco dell’arrampicata moderna. Gian Piero Motti nel suo “Palestre delle Valli di Lanzo” del 1974 scriveva: “Molti sono i passaggi superabili sul masso, tutti molto interessanti, alcuni molto difficili. La roccia è ottima anche se un po’ liscia. Il masso si presta ottimamente ad esercitazioni brevi ed intense, ad esempio di un pomeriggio. Molti di questi passaggi per la prima volta furono superati da Alberto Marchionni, residente in estate a Balme”.

Alcune vie di salita sono state recentemente richiodate e attrezzate con soste a catena nell’intento di ridare nuova vita a questo sito che offre differenti tipologie di arrampicata su passaggi di varie difficoltà.

Il sito, è posto alla partenza della strada invernale per il Pian della Mussa. Alla base un comodo prato e alcune rustiche panchine esaltano il grande monolite, che recentemente è stato ripulito totalmente, richiodato e attrezzato con resinati e con soste a catena, nell’intento di ridare nuova vita a questo luogo, che offre differenti tipologie di arrampicata su passaggi di varie difficoltà. In corrispondenza del Roc, e precisamente sopra il sentiero, si trova un grande muro di pietra a secco, ora in parte nascosto dalla vegetazione. È quanto resta di uno dei due trampolini che vennero costruiti a Balme per il salto, sui quali si cimentarono campioni allora famosi. Questo, realizzato e inaugurato nel 1930, prevedeva la copertura dello Stura con fascine e con neve di riporto, affinché la pista di atterraggio, dopo il salto, fosse sufficientemente lunga.

Le vie sono ora segnate da un numero di colore rosso inciso alla base e tutto il lavoro di recupero, lungo e faticoso, è stato prestato gratuitamente e volontariamente da Eleonora Giacometto, Marco Rosa e Umbro Tessiore. (gc)

Tratto da Barmes news 61 (gennaio 2024)

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