Vecchia gastronomia balmese

La  cucina montanara è, in genere, abbastanza semplice e non molto varia, tuttavia a Balme, una volta, combinando i normali ingredienti di uso locale e quotidiano come polenta, toma e latte, si riusciva a rendere più appetitosi e fantasiosi i sobri pranzi.

E’ il caso della cosiddetta “sòma“, che non è la più nota “soma d’aj” piemontese, bensì una composizione gustosissima, derivata dalla polenta.

Magna Rina (Caterina Castagneri Toùni in Bricco n.d.r.), per molti anni titolare di una trattoria al Pian della Mussa, cuoca apprezzata per la sua “poulènta coùnsa” e per i suoi “sanbajoùn“, così mi aveva spiegato la ricetta della “sòma“:

preparata una normale polenta, se ne prende una bella parte e la si stende dentro un piatto piano; in essa, ad intervalli regolari, si introducono cubetti di toma buona, che “fili”. Poi si chiude questo “tortino” a mo’ di palla (grossa anche più di una boccia), facendo in modo che i cubetti di formaggio rimangano all’interno. A questo punto occorre avere una stufa accesa e pulita, sulla quale arrostire la “sòma“, facendola rotolare da ogni parte ma non lasciandola annerire.  Quando è tutta arrostita è pronta. I nostri vecchi la mangiavano con le mani, ne strappavano un boccone e gli avvolgevano intorno i “fili” della toma e talvolta lo intingevano nel latte freddo.

Non vi è venuta l’acquolina in bocca? Provate e buon appetito!

Carla C.

Tratto da Barmes News n. 3 (dicembre 1994)

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