Guido Rey e le Valli di Lanzo

Industriale (nel settore tessile), scrittore, alpinista (come lo zio Quintino Sella, ministro, fondatore del Club Alpino Italiano), conferenziere, fotografo di montagna (come il cugino Vittorio Sella). Queste sono le principali attività che compongono il curriculum vitae di Guido Rey (Torino, 1861 – ivi, 1935), personaggio di spicco nel mondo torinese degli anni tra fine ‘800 e inizio ‘900, in particolare nell’ambiente alpinistico.

Come scalatore compì una bella serie di ascensioni su tutto l’arco alpino: Aiguille du Grépon, Dent du Requin, Aiguille des Grands Charmoz, Petit Drus, Aiguille Verte, la prima alla Punta Bianca d’Hérens, alcune prime sul Monte Rosa, due prime sul Monviso, cinque salite al Cervino, la parete sud della Marmolada, il Camino Adang sulla parete sud del Grande Piz da Cir, la traversata della Torre del Vaiolet, il Catinaccio, la prima salita italiana della Meije.

Salì nelle Valli di Lanzo con una certa frequenza. Sul libro dell’Albergo Belvedere Camussot di Balme si trova per la prima volta una sua firma il 29 giugno 1881, poi un’altra il 1° luglio 1883 per segnalare la salita del giorno precedente alla Bessanese con le guide Antonio e Giuseppe Castagneri. L’8 settembre dello stesso anno Rey ritornò a Balme e insieme ai fratelli Castagneri compì la prima ascensione assoluta della parete sud della Ciamarella come ricordato sia sul libro dell’albergo, sia sul libretto da guida di Castagneri.

Un’altra prima, sempre in compagnia di Antonio Castagneri, effettuò sulla cresta nord della Bessanese il 2 settembre 1889.

L’anno dopo Rey scrisse la commemorazione funebre dell’amico Castagneri, deceduto sul Monte Bianco, che lesse presso la sede del CAI di Torino il 19 dicembre 1890.

Fu però soprattutto l’attività di scrittore (Il Monte Cervino, 1904; Alpinismo a quattro mani con Giovanni Saragat, 1898; Alpinismo acrobatico, 1914, Il tempo che torna, 1929; La fine dell’alpinismo, post. 1939) e di divulgatore dell’alpinismo, tramite conferenze e proiezioni di fotografie delle sue ascensioni, che seppe esercitare una grande influenza sulla società dell’epoca ed ebbe un enorme successo sia in Italia che all’estero. Forse anche oltre alle sue intenzioni, venne a costituire, non tanto tra quegli alpinisti che effettivamente svolgevano un’attività di alto livello tecnico, ma piuttosto tra la massa degli escursionisti soci del CAI, e ancor più tra chi di montagna e alpinismo aveva una conoscenza superficiale, il prototipo, il simbolo stesso dell’alpinista, dello scalatore e i suoi scritti contribuirono enormemente alla diffusione dell’alpinismo inteso quale fonte di elevazione morale e spirituale.

La sua fama era talmente sentita e diffusa che il 18 settembre 1928, quando era ancora vivente, fu inaugurato e a lui dedicato un rifugio del CAI-UGET nel Vallone Sea sopra Forno Alpi Graie. Sulla facciata una lapide riassumeva sinteticamente il senso dell’intitolazione: “A Guido Rey – maestro e poeta dell’alpinismo italiano – la UGET”.

Un’altra fatto lega Guido Rey alle Valli di Lanzo. Allo scoppio della I Guerra Mondiale, infiammato da sentimenti irredentisti volle, nonostante la non più giovane età, parteciparvi in prima persona, per cui non potendo essere arruolato nell’esercito, nel 1916 si mise a disposizione della Croce Rossa Italiana, con la propria automobile Fiat e l’autista personale, e con un salvacondotto di sottotenente-commissario, visitò e fotografò gli ospedali d’emergenza, allestiti lungo la linea del fronte, in località comprese nella zona tra Udine, Palmanova, Monfalcone e Gorizia.

Rey era infatti anche un ottimo fotografo, non solo di montagna, considerato tra i più noti e validi esponenti italiani della cosiddetta “fotografia pittorica” in cui le pose, realizzate in studio con figure in costume ed elaborate scenografie, ricreava quadri famosi, nel caso di Rey prendendo a modello la pittura olandese del Seicento e del Neoclassicismo. Le sue opere, presentate e premiate in molte mostre, furono pubblicate su prestigiose riviste nazionali e a Parigi, Londra e New York.

Purtroppo, tanto gli originali, quanto i negativi delle fotografie realizzate nel corso delle visite agli ospedali, risultano dispersi e rimangono solo le 78 immagini pubblicate nell’aprile 1917 su un Supplemento al settimanale L’Illustrazione Italiana intitolato Croce Rossa. Fotografie di Guido Rey. Nello stesso anno, dalle fotografie di Rey, non si sa se con la sua approvazione, fu ricavata una serie di 12 cartoline, senza però l’indicazione.

Claudio Santacroce

Tratto da Barmes News n.44 (luglio 2015)

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