La tragica fine d’un professionista sulle Rocce Nere di Balme

La Stampa 28/07/1936 – numero 179 pagina 4

La tragica fine d’ un professionista sulle Rocce Nere di Balme Il prof. Lorenzo Borelli, docente alla R. Università, ordinario all’Ospedale di San Giovanni, precipita da un picco durante un allenamento alpinistico

Una tragica sciagura ha funestato nel pomeriggio di domenica il paese di Balme, in questi giorni affollatissimo di villeggianti. Il prof. dott. Lorenzo Borelli, ordinario dell’Ospedale di San Giovanni, già assistente del senatore Bozzolo, poscia aiuto del senatore prof. Micheli, incaricato di propedeutica medica all’Università, uno dei più apprezzati docenti del nostro Ateneo, è rimasto vittima di un accidente alpinistico proprio alle porte di Balme.

La «Roccia Sari»

Il prof. Borelli, appassionato della montagna, ed abile ed ardito scalatore, era solito trascorrere i mesi estivi in questa ridente vallata. Anche quest’anno appena finiti gli esami si era recato a Balme. Aveva affittato una villetta, e si proponeva di condurre con sè il diciassettenne nipote Giovanni per addestrarlo nell’alpinismo; voleva trasfondere nel giovane la passione di vincere le asperità della roccia, di superare gli ostacoli che costituiscono per l’alpinista un affascinante incentivo a raggiungere le alte vette.

Nel pomeriggio di domenica, unitamente all’amico Alberto Amerio, al nipote Giovanni ed a un compagno di quest’ultimo, il professore si era diretto verso quel bastione di rocce nere che per aver servito di palestra ad esercitazioni di gruppi alpinistici, viene comunemente chiamato «Roccia Sari» e che si erge proprio alle spalle degli ultimi alberghi di Balme in direzione del Piano della Mussa. Aveva scelta quella mèta al fine di insegnare ai due giovani l’uso della doppia corda.

La «Roccia Sari» è un muraglione che si eleva di alcune centinaia di metri dal fondo valle, cupo, quasi nero di colore, tagliato a picco in alcuni punti, difficili da scalare per una serie di passaggi che richiedono l’esperienza e l’agilità di un consumato alpinista.

La piccola comitiva aveva in breve raggiunta la base delle rocce che — come si è detto — sono vicinissime al paese. Gli alpinisti si cerano muniti di due corde da montagna e passo passo, senza alcun incidente, avevano quasi raggiunta la sommità del bastione. Trovato il luogo favorevole all’esperienza pratica che il professore intendeva compiere per addestrare i due giovani, gli alpinisti arrestavano. Si trattava di effettuare la manovra che viene usualmente definita “discesa in corda doppia”.

Sospeso nel vuoto

Legatosi ad un capo della fune, il prof. Borelli ancorava la corda a uno sperone della roccia e quindi i giovani iniziavano la discesa che il nipote compiva felicemente e l’altro giovane con qualche difficoltà, tanto che a pochi metri dal suolo cadeva. 

Questo incidente provocava l’allentamento della corda ed il professore, che a sua volta aveva già iniziata la discesa, dopo di essere | rimasto un istante sospeso nel vuoto, avendo alle spalle lo strapiombo del monte, precipitava. Quella manovra, che per un provetto alpinista quale era il professore non rappresentava alcuna difficoltà, per un simile contrattempo si era conchiuso tragicamente. Il prof. Borelli cadde dall’altezza di una decina di metri ma le rocce su cui rimbalzò gli produssero tali e così gravi ferite al capo ed in tutto il corpo che lo sventurato alpinista rimase esanime.

Il nipote, l’amico e l’altro giovane che avevano assistito con angoscia al tragico accidente, trovandosi nell’impossibilità di poter raggiungere immediatamente il professore e portargli soccorso, lanciavano appelli disperati e poiché – come già si è detto – il baluardo di rocce è vicinissimo al paese, ed in quell’ora molti villeggianti si trovavano a non grande distanza, l’invocato aiuto giunse prestissimo. Fra le persone accorse si trovavano due medici: il prof. Croveri ed il dott. Carlo Borsotti. Entrambi prestarono immediatamente al prof. Borelli le cure del caso, ma le sue condizioni apparivano purtroppo gravissime, disperate.

Con l’aiuto di valligiani e di guide improvvisata una barella per adagiarvi il ferito, questi, con ogni cautela fu portato a valle e ln breve nella sua abitazione. Qui, non appena saputa la disgrazia, giunse il prof. Valobra, ma ogni sforzo dei clinici per contrastare il collega alla morte fu inutile. Dopo breve agonia, il prof. Borelli decedeva assistito religiosamente dal reverendo don Bresso, parroco di Balme, che allo studioso era legato da antica amicizia.

La stanza del professore è stata trasformata in una camera ardente; edelweis e rododendri, i fiori che sbocciano sulla montagna che il defunto tanto amava, sono stati portati a fascio da amici, e conoscenti, e da villeggianti che avevano appreso con profondo dolore la tragica sciagura che aveva troncata la vita al prof. Borelli.

Nella notte dalla domenica al lunedì, famigliari e colleghi hanno vegliato la salma. Le guide della vallata avevano chiesto l’onore di montare la guardia al defunto ch’esse tutte avevano conosciuto quale ardito e provetto alpinista.

Durante la giornata di ieri in mesto pellegrinaggio la popolazione di Balme e i villeggianti si sono recati a portare un tributo di cordoglio alla salma del professore. Da Torino sono giunti numerosi colleghi ed amici del defunto fra i quali il prof. Botteselli e il prof. Girardi. Il senatore prof. Micheli ha annunciato anch’esso una visita. I funerali avverranno a Balme mercoledì alle ore 10, e a Torino alle ore 17 al Camposanto generale dove verrà data l’assoluzione alla salma prima della tumulazione. La notizia della sciagura toccata al prof. Borelli ha prodotto a Torino la più viva e penosa impressione.

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Tratto da Barmes news 61 (gennaio 2024)

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